Il tempo rivoluzionario

di Luca di Bitonto

Fin dall’antichità l’uomo ha sempre cercato di tenere il conto del tempo per  organizzare meglio le giornate e le attività dell’intero anno. Così nacquero i primi calendari, con i quali si dava una collocazione temporale a tutte le attività annuali della comunità.
Organizzare il tempo non significava stabilire solamente l’esatta durata dell’anno, ma organizzare il lavoro, la vita sociale, politica e religiosa della comunità. In altre parole: il modo in cui organizziamo il tempo si riflette sul modo di vivere, con inevitabili ricadute sul modo di pensare. Se partiamo da queste premesse comprendiamo le ragioni storiche che hanno spinto allo sviluppo di calendari appositamente modellati su credenze religiose, eventi naturali e ricorrenze storiche.  Questo è tanto vero che nella storia si sono creati dei calendari il cui preciso scopo era di rompere la tradizione, comunicando i nuovi ideali rivoluzionari.
Nell’articolo mostreremo alcuni dei calendari con cui si è tentato di riscrivere la tradizione alla luce di nuovi ideali, attraverso un percorso che parte con il calendario repubblicano francese, passando per il calendario rivoluzionario sovietico, fino alla curiosa vicenda del calendario mondiale, che tentò di attuare una piccola rivoluzione “organizzativa” in seno al calendario gregoriano.
Il calendario rivoluzionario francese o calendario repubblicano francese
Con la rivoluzione francese si cercò di creare un nuovo ordine, animato dalla volontà di superare i vecchi schemi a favore di una società più equa e razionale. La riforma del sistema metrico decimale si inseriva sulla scia di una maggiore razionalizzazione della vita sociale, ed era così motivata da spingere i riformatori a mettere mano anche alla misura il tempo.
La riforma del “tempo” voleva creare un calendario più “razionale” e funzionale rispetto a quello gregoriano. Un’apposita commissione di astronomi e matematici, tra cui Monge e Lagrange, denominata “Comitato di Istituzione Pubblica in seno alla Convenzione Nazionale”, adottò il calendario copto modificandone alcuni aspetti.
Al nuovo calendario venne dato il nome di “calendario rivoluzionario francese”, o “calendario repubblicano francese”. Era suddiviso in 12 mesi di 30 giorni ciascuno, per una durata complessiva dell’anno di 360 giorni. I restanti cinque giorni (o sei giorni se l’anno era bisestile) erano conteggiati fuori dai mesi come giorni complementari, tutti di festa e dedicati ai sanculotti (i protagonisti della rivoluzione francese) (1).
Ai mesi vennero assegnati nuovi nomi che riflettevano le condizioni metereologiche e agricole della Francia nella stagione di appartenenza (messi a punto dal poeta Fabre d’ Eglantine), in quanto l’anno venne suddiviso in quattro stagioni della durata di tre mesi.
Nella riforma si abolirono le settimane e si adottarono le decadi, in questo modo ogni mese fu suddiviso in tre decadi precise, ed ogni giorno della decade rinominato con una parola composta che indicava il numero del giorno seguito dall’aggettivo dì (primodì, duodì, tredì, ecc..). Siccome un mese conteneva precisamente tre decadi, questo iniziava con il primo giorno della decade e finiva con l’ultimo (ovviamente dal computo erano esclusi i giorni complementari).
Infine l’inizio dell’anno venne spostato dal 1 gennaio al 22/23 settembre, giorno dell’equinozio d’autunno calcolato dall’Osservatorio di Parigi. Per gli anni bisestili non esisteva una regola precisa, e lo slittamento di un giorno era individuato con osservazioni astronomiche. Il computo degli anni (o era del calendario) iniziava dall’anno di fondazione della Prima Repubblica francese: il 22 settembre 1792 era l’anno 1 del calendario Repubblicano francese (2).
Il calendario non mutava mai nel corso degli anni, per cui i giorni e i mesi restavano sempre gli stessi. Le nuove denominazioni dei mesi e dei giorni mettevano in risalto la dimensione del lavoro e della natura, centrali per la mentalità illuminista. Tutto ciò viene descritto dallo storico J.P. Bertand:
“I giorni della settimana portano il nome che corrisponde al loro posto nella decade : primidi’, duodi’, tridi’… decadi’. Ai nomi dei santi si sostituiscono quelli delle messi, degli alberi, delle radici, dei fiori o dei frutti del momento. A ogni quindicesimo giorno (il quinto di una decade) corrisponde un nome di animale domestico e ad ogni decade quello di uno strumento agricolo. Per esempio il 22 settembre, primo di vendemmiaio, e’ uva, poi vengono zafferano, castagna, colchico, cavallo, balsamina, carota, amaranto, pastinaca e infine tino per la decade. I repubblicani vengono invitati a dare ai loro figli nomi che figurano nel nuovo calendario o nel linguaggio politico. A Etrechy, per esempio, 36 bambini su 43 battezzati nell’anno II si chiamano Rose, Marguerite, Jasmin, Oranger, Froment, Café, Narcisse, Basilic, Lilas, Fraise, Houblon o Belle-de-Nuit. Nei registri dello stato civile li affiancano coloro che i genitori hanno chiamato Union, Vertu, La Montagne, o più prosaicamente Armoire o Lettre. (3)
Secondo altri vi erano motivazioni anticlericali nella riforma del calendario: la nuova organizzazione dell’anno stravolgeva quella del calendario gregoriano, storicamente influenzato dalla tradizione cristiana.
La riforma del tempo non coinvolse solo il calendario, ma cercò di creare una nuova misura delle ore, abbandonando l’orologio a cui siamo abituati in favore di quello decimale: così il giorno era composto da 10 ore, suddivise in 100 minuti, a sua volta composti da 100 secondi. Quindi 1 ora del nostro orologio corrisponde a circa 2,24 ore decimale (demì). I principali vantaggi dovevano derivare dalla semplificazione dei conti: se una giornata si componeva di 10 ore, allora 20 ore corrispondevano a due giorni. Inoltre si tentò persino di convertire le misure angolari in base decimale, ottenendo una piena corrispondenza con le misure temporali (una delle ricadute pratiche poteva essere la semplificazione del calcolo delle rotte marittime).
Il calendario repubblicano francese fu reso obbligatorio con un atto del Direttorio, datato 24 ottobre 1793, ma venne abrogato il 31 dicembre 1805 da Napoleone Bonaparte, preferendo il calendario Gregoriano. Nella storia della Francia tornerà ad essere utilizzato solo durante la breve parentesi della Comune di Parigi del 1871 (4).
Diverso fu il destino delle ore decimali, che dopo essere entrate in vigore nel 1793 furono soppresse indefinitamente dopo appena due anni, nel 1795, a causa delle difficoltà di adattarsi al nuovo sistema di misura.
Il calendario rivoluzionario sovietico
La storia del calendario rivoluzionario sovietico è abbastanza particolare, e la si può comprendere solo alla luce degli enormi sforzi compiuti dall’Unione Sovietica nel suo sviluppo industriale.
Il calendario rivoluzionario sovietico voleva instaurare un nuovo rapporto con il tempo, ottimizzando e incrementando la produzione industriale.
La prima riforma del calendario fu varata da Lenin nel 1918, quando ancora si utilizzava il calendario giuliano. Con Lenin si passa al calendario gregoriano, eliminando alcuni giorni di scarto che correvano con quello giuliano: passando direttamente dal 31 gennaio al 14 febbraio. Tuttavia nei territori ancora controllati dall’Armata Bianca si continuava l’uso del calendario giuliano.
Alla fine degli anni ’20 l’Armata Bianca venne sconfitta e la guerra civile si concluse con la vittoria dei bolscevichi. Di conseguenza il calendario gregoriano si affermò in tutto il territorio sovietico. Da allora in poi l’industrializzazione del paese divenne la priorità e con essa si incoraggiarono tutte le proposte che potessero migliorare il sistema produttivo.
Nel maggio del 1929, durante il “I congresso dei lavoratori, soldati e contadini”, l’economista Yuri Larin propose un calendario che applicava un sistema di produzione continua: cioè senza giorno di riposo comune per tutti i lavoratori, al fine di incrementare la produzione industriale. Durante il congresso l’idea passò inosservata, ma le cose cambiarono nel giugno dello stesso anno quando riscosse il parere positivo di Stalin.
Con l’approvazione di Stalin il sistema della produzione continua fu promossa da una campagna di stampa, e il Consiglio Economico Supremo compilò una positiva valutazione di fattibilità. Per convincere i vertici dell’Unione Sovietica, Yuri Larin sosteneva che già il 15% dell’industria lavorava conformemente alla sua proposta. A fine agosto il consiglio di governo manifestava necessità di approvare il nuovo sistema produttivo durante l’anno economico 1929-1930.
L’1 ottobre del nuovo anno economico si mise in pratica la transizione verso la settimana di produzione continua e con essa la riforma radicale del calendario civile.
La riforma del calendario prevedeva la riduzione della settima a 5 giorni, ma con delle eccezioni: 6 giorni per i settori dell’edilizia e costruzione; e 6 o 7 giorni per le fabbriche che dovevano fermare la produzione una volta al mese. Ogni giorno della nuova “settimana” era identificato da un numero progressivo compreso tra uno e cinque e un colore: utili per stabilire i turni di riposo ai quali erano associati gruppi di lavoratori.
Con questa riforma esistevano 72 “settimane” da 5 giorni in un anno (52 settimane nel calendario gregoriano). Inoltre esistevano 5 giorni intercalare (non conteggiati nei mesi) tutti di festa, questi nel 1929 corrispondevano a: 22 gennaio, anniversario della domenica di sangue o giornata di Lenin; 1 e 2 maggio, giornata internazionale dei lavoratori; 7 e 8 novembre, commemorazione della rivoluzione d’ottobre.
Con l’introduzione della “settimana” di cinque giorni anche i mesi subivano cambiamenti, perché tutti dovevano durare 30 giorni suddivisi in sei “settimane”: il mese si apriva con il primo giorno della “settimana” e si concludeva con l’ultimo, in analogia col calendario repubblicano francese.
Durante l’applicazione della riforma ci furono diverse anomalie, testimoniate dalla massiccia presenza di calendari gregoriani dopo il 1930 (anche se in alcuni febbraio era da 30 giorni), e altri con settimane da sette giorni.
La riforma del tempo stravolse i ritmi della comunità e i riti religiosi non potevano più essere seguiti con regolarità. La vita sociale dei lavoratori peggiorò per via dei turni di lavoro continuati, che rendevano difficoltoso incontrarsi nel dopo lavoro. In compenso i giorni di riposo di un lavoratore sovietico erano maggiori rispetto alla maggior parte degli operai del blocco occidentale. Quest’ultimi godevano di un giorno di riposo ogni sette, e solo i lavoratori della Ford adottavano la settimana corta di cinque giorni con due di riposo (definitiva solo a partire dal 1940) (5).
Dal punto di vista produttivo non si registrarono sostanziali miglioramenti, inoltre le macchine industriali si deterioravano più velocemente, perché non progettate per lavorare senza sosta. La difficoltà di manutenzione delle macchine era dovuta all’impossibilità di fermarle senza spezzare i turni di lavoro.
Nonostante le varie problematiche la riforma continuò ad essere applicata. All’inizio del 1930 il 43% delle industrie applicava la produzione continua e questa sarebbe dovuta salire al 67% per il mese di ottobre. Tuttavia nel maggio del 1930 molte aziende abbandonarono la riforma, anche se Yuri Larin affermò che l’implementazione aveva raggiunto il 79%, ma non esistono cifre ufficiali che confermino tale dato. Sembra che la riforma fu applicata a tutto il sistema burocratico e del commercio.
Nel 1931 La grande impopolarità della riforma spinse Stalin a bloccarne l’applicazione, apportando modifiche al calendario: si abbandona la “settimana” di 5 giorni e se ne adotta una di 6, così che tutti i mesi fossero di 30 giorni suddivisi in 5 “settimane” (il primo giorno del mese era sempre il primo della “settimana” e l’ultimo del mese corrispondeva all’ultimo della “settimana”). Con quest’ultima riforma si reintrodusse il giorno di festa comune per tutti i lavoratori, ad eccezione dei mesi con il 31º giorno: da considerarsi giornata di lavoro fino al completamento dei sei giorni lavorativi, al contrario erano sempre di riposo per i funzionari statali e commercianti (6).

Nel novembre del 1931 la produzione continua è ristretta alle sole istituzioni che non potevano fermare il lavoro: fonderie, ospedali, istituzioni sociali e culturali.
Il 1 dicembre 1931 viene soppressa la produzione continua, ma per l’abolizione del calendario rivoluzionario sovietico si dovrà aspettare il 27 giugno 1940, quando Stalin lo abrogherà in favore del calendario gregoriano.
– Il calendario mondiale
Per ultimo abbiamo un curioso tentativo di riforma del calendario gregoriano, proposto negli Stati Uniti d’America. Quest’ultimo tentativo di riforma era l’unico che non scaturiva da una rivoluzione politica.
A dire il vero, la prima descrizione di questa proposta di riforma risale al 1834, in un libro pubblicato a Roma dall’abate Marco Mastrofini (7). L’abate italiano voleva riformare il calendario dandogli una struttura che lo rendesse immutabile nel corso degli anni, come un calendario perpetuo (8). Nella sua proposta l’1 gennaio doveva cadere sempre di domenica, e l’anno civile veniva suddiviso in quattro trimestri da 91 giorni ciascuno. Ogni trimestre era composto da 13 settimane: il primo giorno di ogni trimestre iniziava con la domenica e si concludeva di sabato; inoltre il primo mese del trimestre aveva 31 giorni e tutti gli altri 30. Nel computo totale dell’anno vi erano due giorni festivi conteggiati fuori dai mesi e individuati dalla lettera “W”: uno alla fine di dicembre, e l’altro tra giugno e luglio (se l’anno è bisestile).

L’ipotesi di Marco Mastrofini passò inosservata fino al 1930, quando la statunitense Elisabeth Achelis fondò la “The World Calendar Association”(T.W.C.A.) con lo scopo di promuovere la riforma. Dal 1931 Elisabeth Achelis propaganda il calendario mondiale su giornali e libri, continuando durante i successivi 25 anni. Tra gli argomenti a favore di questo calendario vi sarebbero: una migliore facilità nel dividere l’anno in trimestri, in quanto tutti della stessa durata; una più facile memorizzazione dell’anno; e siccome i giorni nel calendario non cambiano nel tempo, non sarebbe stato più necessario stampare nuovi calendari ogni anno, con un conseguente risparmio di soldi e carta (9).
Inizialmente il calendario mondiale  incassò il sostegno dalle Nazioni Unite, e successivamente anche quello del Governo degli Stati Uniti d’America. Le cose cambiarono nel 1955, quando il Congresso degli Stati Uniti d’America ritirò l’appoggio alla riforma. L’anno seguente la “The World Calendar Association” venne sciolta.
C’è da tener presente che nel calendario mondiale si continuava ad avere le settimane spezzate come nel calendario classico. Inoltre crea problemi con i calendari liturgici, soprattutto per la presenza dei giorni intercalare che falsano la durata dell’anno e delle settimane. Infine, per i più superstiziosi, si avrebbero ben 4 venerdì 13 per ogni anno (10).
Siamo giunti al termine della nostra disamina sulle mancate riforme del calendario gregoriano, e come abbiamo visto il calendario, che tutti noi diamo così per scontato, è portatore di una storia ricca di significati molto più complessi e profondi di quanto si possa immaginare. Nonostante i vari tentativi tesi a sostituire il calendario gregoriano, esso rimane uno dei calendari più utilizzati al mondo.

 Bibliografia

– http://www.theworldcalendar.org/
– http://personal.ecu.edu/mccartyr/world-calendar.html
– Marco Mastrofini, Amplissimi frutti da raccogliersi ancora sul calendario gregoriano, Roma, 1834.
– http://www.cabovolo.com/2010/11/y-la-revolucion-sovietica-llego-al.html
– J.P. Bertand, La vita quotidiana in Francia al tempo della Rivoluzione, Milano, BUR, 1988.
– http://www.robespierre.it/dizionario_dett.asp?ID=4
– http://calendario.eugeniosongia.com/francese.htm
– http://fisa.altervista.org/cal_francese.html
– http://astro.bonavoglia.eu/cal_francese.phtml
– Davide Calonico e Riccardo Oldani, Il tempo è atomico: Breve storia della misura del tempo, Ulrico Hoepli Editore S.p.A, Milano, 2013.

Note
1: http://www.robespierre.it/dizionario_dett.asp?ID=4
2: http://calendario.eugeniosongia.com/francese.htm
3: J.P. Bertand, La vita quotidiana in Francia al tempo della Rivoluzione, Milano, BUR, 1988.
4: Davide Calonico e Riccardo Oldani, Il tempo è atomico: Breve storia della misura del tempo, Ulrico Hoepli Editore S.p.A, Milano, 2013.
5: http://www.cabovolo.com/2010/11/y-la-revolucion-sovietica-llego-al.html
6: http://www.cabovolo.com/2010/11/y-la-revolucion-sovietica-llego-al.html
7: Marco Mastrofini, Amplissimi frutti da raccogliersi ancora sul calendario gregoriano, Roma, 1834.
8: Davide Calonico e Riccardo Oldani, Il tempo è atomico: Breve storia della misura del tempo, Ulrico Hoepli Editore S.p.A, Milano, 2013.